Contrasti

Buona parte dei miei lavori si svolge sulle colline metallifere, una catena di monti boscosi, che si estende da nord-ovest a sud-est, della parte alta della maremma. Ai più questa remota area geografica non dirà nulla ma in realtà è stata un crocevia di storia e cultura e anticamente era rinomata per l’ottima qualità dei suoi metalli custoditi nelle viscere di questi monti. L’ascia di Otzi la mummia del Similaun, rinvenuta in Val Venosta, risalente ad un epoca di oltre cinquemila anni fa, era costituita da rame estratto da queste miniere. Questa storia mi ricorda di quanto noi uomini siamo di natura nomade, di quanto abbiamo bisogno di muoverci di conoscere e di confrontarci, per arricchirci non solo di danaro ma di volti, di storie, di sapori e paesaggi. Paesaggi come quelli che vedo mentre al tramonto scendo da queste sinuose stradine fra gli irti monti boscosi e d’un tratto vedi il mare dorato e le nuvole rosse e arancioni che strappano l’azzurro verso l’isola d’Elba. Contrasti di colori e di situazioni. Amo i contrasti. Amo vivere senza etichettare nessun tipo di lavoro. Ho lavorato nel centro delle capitali, vicino alle tombe di uomini che hanno fatto la storia, ho lavorato a casa di principi, conti e marchesi, senatori degli Stati Uniti d’America ma ho lavorato anche a casa di minatori, piccoli agricoltori, pescatori all’isola di Capraia, marinai a Piombino. Ho lavorato e lavoro in parchi storici e per alberi al lato di un vecchio podere, per una donna anziana addolorata e stanca della vita, che mi ha affidato la cura di un giovane salice, piantato dal figlio defunto, o per la quercia dove la moglie ha adagiato le ceneri del marito. Ascolto storie di proprietari di terreni e boschi e di come hanno fatto a guadagnarsele. C’è dunque un albero che vale più di un altro? Come gli uomini dei tempi di Otzi, viaggio, nomade, da un albero all’altro, da un luogo all’altro, imparo dagli alberi che ritrovo dopo anni e osservo quale effetto hanno avuto i miei interventi. Non mi concedo a tutti e sono selettivo, scelgo chi ama gli alberi, così la volta successiva sarà una persona che ama gli alberi a scegliere me. 

Ovunque mi trovo il rituale è sempre lo stesso, osservo prima l’albero, da terra, gli giro attorno, lo studio in silenzio e intanto il sangue dentro di me accelera il flusso, lo sento scorrere caldo nelle braccia, nel petto, nelle cosce, sento i miei muscoli iniziare a vibrare, lancio la sagola. La corda è fissata su in alto afferro il mio akimbo e salgo in alto spingendo sulle gambe. La tecnica del treeclimbing oggi ha qualcosa di molto simile alla perfezione è diventata essenziale, compatta, si sale, si pendola, si salta e si corre sui rami, istintivamente. Tutto queste sensazioni si ripetono ovunque, su una betulla in Svezia, su un ikori nella Est Coast, su una quercia rossa nell’Ontario o nel leccio a cinque chilometri da casa. Come una bellissima canzone la tecnica acquisita ti accompagna nei viaggi più belli e ti risveglia ricordi, ogni volta che la fai scorrere nelle tue mani, ogni volta che ti lanci appeso ad una corda. Ebbene ogni volta che risalto a bordo del mio vecchio truck, per tornare a casa è proprio come riascoltare quelle vecchie canzoni con le quali siamo cresciuti. In fondo è una vita molto semplice, estremamente semplice e prego e mi impegno affinché rimanga così ma è un patrimonio di cui mi sento custode ed ecco perché amo così tanto insegnare… ma questa è un altra storia.

Un altro giorno come tanti altri

Ormai avevo fatto i soldi, tanti soldi da non sapere nemmeno da che parte iniziare a contarli e se mai lo avessi fatto, forse mi ci sarebbe voluto circa dieci giorni a finire il conto. Avevo perso la motivazione per il mio lavoro, sentivo che tutto era così ordinariamente ciclico, non provavo più  emozioni ad arrampicarmi in alto sulle chiome e compiere evoluzioni acrobatiche per giungere ai rami più lontani e mi detti al vagabondaggio.

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Catene

Regolarmente vivo delle epoche che io chiamo catene, che si accrescono, raggiungono un apice e poi collassano in se stesse. Generalmente le catene, durano a lungo, anche anni. Iniziano prendendo forma su abitudini o azioni che svolgo abitudinariamente, in principio non ne ho coscienza, poi mi rendo conto che sto diventando abile nel compiere un certo tipo di lavoro, o in un modo di relazionarmi con le persone, nel persuaderle.

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Al volante

Lo stereo dell’auto trasmette una vecchia canzone degli anni ottanta che mi riporta alle immagini televisive di Mike Buongiorno che grida allegriaaa. Gli anni ottanta sono stati pervasi da musica commerciale, dall’esplosione di programmi televisivi edulcorati dallo sfarzo più assoluto ma anche da un desiderio, anabolizzato di avventura, dalla musica che all’epoca sfondava nelle hit settimanali…

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E il diavolo donò il sagolino

Quando nella notte dei tempi i primi arboristi cominciarono a salire sugli alberi nacque da subito il problema di come installare direttamente, la corda per salire, nella parte più alta della canopea. Ci fu un grande summit dove ognuno, diceva la sua chi voleva usare delle colombe ma queste non riuscivano a sollevare in volo la corda. Altri proposero delle scimmie ma erano dispettose e spesso usavano la corda per legare gli arboristi e rubargli la merenda.

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Un giorno come tanti

Capitolo 1 Llewella

La coperta mi copre completamente la testa sprofondata nel cuscino, il corpo in posizione fetale cullato dal tepore del mio letto. Apro e richiudo gli occhi, a pause lunghe e pigre ma le note dell’arpa classica di  Llewella mi fanno capire che è il momento di alzarmi, un giorno di lavoro mi aspetta di nuovo e io devo correre incontro al mio dovere come è giusto che ogni uomo faccia ogni volta che il padre eterno fa salire in cielo il sole.

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Ho deciso di…

Ho deciso di fare il treeclimber perché volevo fare il cawboy ma non sapevo dove mettere un cavallo.
Ho deciso fare il treeclimber perché volevo fare il pompiere ma sono miope.
Ho deciso di fare il treeclimber perché per fare la rock star sarei dovuto andare a letto molto tardi e io amo dormire. Perché gli Avengers non prendevano più nessuno in squadra.

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Il primo giorno di lavoro

Avevo appena finito il corso ed ero pieno di buoni propositi. Avevo ripassato tutta la lezione sulla corretta gestione degli alberi, le auxine, le giberelline, la compartimentazione, avevo fatto colazione mentre facevo finta di parlare con Shigo e mi rispondeva pure. Poi la settimana scorsa avevo ritirato io la pensione della nonna, le avevo detto per farle un favore ma poi la spesi quasi tutta da Bambin Sementi confidando nell’Alzheimer. Ci avevo messo due settimane a scegliere l’attrezzatura, stetti sedici ore di fila al telefono a chiedere consigli a tutti gli esperti che mi vennero in mente, finché non mi ritrovai al commissariato con l’accusa di molestie telefoniche.
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E la luce divenne legno

Quando ero piccolo conoscevo un castagno dal tronco cavo nel quale si poteva entrare dentro, il fondo era ricoperto da uno strato di foglie secche e scricchiolanti ma risultavano comunque confortevoli e accoglienti una volta eliminati i ricci. Era un rifugio perfetto, anche se un po’ scontato per giocare a nascondino o per sedersi in cerchio insieme agli altri a gambe incrociate come fossimo stati il consiglio dei guerrieri della tribù dei Chirikaua, capeggiati dal grande Geronimo. Su altri alberi era facile arrampicarcisi, mettendo alla prova il proprio coraggio, l’equilibrio e la forza per tirarsi su e arrivare tra gli apici più alti.

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Arborista

Nell’articolo precedente abbiamo individuato come si colloca nel mondo dell’arboricoltura l’arborista ed abbiamo detto a grandi linee chi è. Lungi da me è affrontare l’argomento in modo da tracciare i profili psicologici degli arboristi, ne vi tedierò parlando delle tecniche che ogni singolo “scalatore di alberi” usa, o con questioni tecniche su corde o attrezzi. Piuttosto, vi voglio parlare dei diversi tipi di approccio che i vari climbers hanno in questa foresta di alberi sparsi sulla quale lavorano e vivono.

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