Un giorno come tanti

Capitolo 1 Llewella

La coperta mi copre completamente la testa sprofondata nel cuscino, il corpo in posizione fetale cullato dal tepore del mio letto. Apro e richiudo gli occhi, a pause lunghe e pigre ma le note dell’arpa classica di  Llewella mi fanno capire che è il momento di alzarmi, un giorno di lavoro mi aspetta di nuovo e io devo correre incontro al mio dovere come è giusto che ogni uomo faccia ogni volta che il padre eterno fa salire in cielo il sole.

Mi tiro su con le spalle appoggiandomi sui gomiti e Llewella sta suonando le sue ultime note con la sua gigantesca arpa. La vestaglia di Louis Vitton le lascia scoperte le bellissime gambe e la pelle color perla. Poi si ferma e mi dice “ dai che è l’ora di alzarsi altrimenti farai tardi, la colazione è pronta”. Llewella è di origine gallese e si è laureata al conservatorio di Mosca nel 2008, lavora per me dal 2009 e si occupa del settore creativo e ovviamente dell’importante ruolo di svegliarmi. Sapete che il modo con cui ci svegliamo condiziona tutto il nostro giorno a seguire? Da quando ho letto questa cosa su Grazia, ho capito che le note che mi svegliavano dovevano essere di alta qualità, vive e dolcemente profonde. Così ho deciso di assumere Llewella. Lel, è una ragazza dal carattere deciso che prende sul serio il suo lavoro e quando stento ad alzarmi non di rado mi tira giù dal letto trascinandomi a terra per un orecchio. In genere devo almeno sedermi sul letto prima che lei si alzi dalla sedia per evitare che, questo avvenga.

Capitolo 2 Debby.

Quando mi alzo mi accorgo che il mega-van è ancora in movimento, e dalla postazione di guida la voce allegra di Debby, mi annuncia che siamo quasi arrivati. Debby è la mia seconda assistente, il suo contributo è insostituibile, è la mia autista e meccanica. La conobbi in un bar ad Atlanta, mi offrì un Old fashion ed aveva finito un circuito Nascar, dopo il quale aveva deciso di ritirarsi avendo accumulato una certa fortuna, mi disse che aveva deciso di dedicarsi ad una vita  girovaga, voleva vivere on the road, capii che era la persona giusta che faceva per me, non è facile incontrare un ingegnere aereo spaziale con spiccata attitudine alla guida ed alla riparazione per ogni tipo di motore e mezzo. Ah dimenticavo Debby è nata e cresciuta nel Nevada, è lì che ha imparato a riparare motori di qualsiasi cosa si muovesse su quattro ruote e a far correre le sua Dodge Charge nelle lunghe e dritte strade del deserto. << Siamo quasi arrivati >> mi annuncia dal citofono in filo diffusione, mi dirigo pigramente verso il bagno e mi lavo i denti, guardandomi allo specchio, mentre la schiuma del dentifricio mi cola dai lati della bocca. Lavarmi i denti è un operazione che mi ipnotizza e potrei andare avanti all’infinito a massaggiarmi le gengive, poi il van curva e un raggio di sole dorato entra dalla finestra del secondo piano del mega-van. Non so se avete mai provato a viaggiare al secondo piano di un mega van? Ad ogni curva la forza centrifuga vi fa sempre, maledettamente sbandare a destra o a sinistra.

Capitolo 3 Mariko.

Mariko, spalanca improvvisamente la porta del bagno e mi riferisce in modo secco che è tardi e che devo darmi una mossa se voglio scendere di sotto e fare il massaggio prima di uscire dal mega-van e lavorare. Mariko è di Kioto, ha quattro master in comunicazione e marketing aziendale, ha lavorato per una grande multinazionale giapponese prima di unirsi al team, la sua formazione shintoista le da un aria severa e tagliente come quella di una catana, la sua tenuta è sempre impeccabile e si muove perfettamente a suo agio tra i corridoi del mega-van, con movimenti eleganti e sicuri che tradiscono il suo passato da modella. Mi siedo al tavolo e mentre sorseggio il mio caffè, mi parla di tutte le pubbliche relazioni che devo intraprende nel tardo pomeriggio, io la guardo con sguardo svogliato e inebetito e delego a lei un incontro su due. Mi parla dell’incontro con il sindaco e reagisco facendole segno di tagliare con la mano passandomi le dita vicino al collo ma lei sbotta e rivela un temperamento irascibile non proprio tipicamente nipponico. In effetti è proprio per la sua vena passionale che è dovuta fuggire dal Giappone. Si innamorò dell’amministratore delegato dell’azienda per la quale lavorava, e divenne la sua amante. Lui era sposato e come accade nella più ritrita storia tra amanti clandestini, le promise ciò che non poteva promettere. Lei furiosa di gelosia e straziata dal dolore aprì l’antico baule dove erano conservati i più preziosi ricordi di famiglia ed estrasse la catana del suo antenato, un ronin che dopo aver abbandonato lo shogunato si dedicò all’agricoltura ma la cui vena omicida scorse silenziosa dentro le vene dei suoi discendenti finché, Mariko non urlò vendetta e decise di lavare l’onta con il sangue, del suo mendace amante. Dovette fuggire sotto mentite spoglie dal paese dopo avergli tagliato un braccio. Ormai era diventata l’anima del mio mondo ma ero terrorizzato dai suoi momenti di grazia colmi di  ira, che fortunatamente duravano un istante e durante i quali avevo imparato a non contraddirla  finché i suoi occhi taglienti non si distendevano di nuovo.

Capitolo 4 Petra.

Il momento più bello del giorno è la colazione, quando arriva il piatto fumante che Petra mi mette sotto il naso, adoro le uova a colazione, adoro la marmellata ed il pane che fa Petra con farina integrale biologica e nessuno mi prepara la colazione come è in grado di farla lei, Petra è una donna come tante, medaglia d’oro alle parallele asimmetriche del 1984 a LosAngeles, svolgeva in realtà un servizio di spionaggio per il kgb, sotto copertura. Avevo bisogno di un preparatore atletico, un massaggiatore e una guardia del corpo e lei fu in grado di fornirmi tutto con la sua persona. Nata a Minsk fuggi dopo il disastro di Chernobill, approfittando del disordine totale che la fusione della centrale nucleare, aveva provocato. Petra è la più matura delle quattro ma se non osservi attentamente non è facile determinare la sua età, la sua forma fisica è impeccabile in virtù del costante allenamento e di una cura sperimentale, antinvecchiamento che gli fu somministrata negli anni ottanta dal centro medico sovietico di Mosca e che tra gli altri vantaggi gli conferiva anche una elevatissima resistenza alle malattie e una forza fisica fuori dal comune.

Sdraiato sul lettino da massaggio Petra strizza con energia i miei trapezi mentre, Llewella, Mariko e Debby mi presentano il piano del giorno sedute davanti a me. Anche in queste occasioni se mi appisolo Llewella non mi nega la solita tirata per le orecchie e non solo in senso figurato ma realmente, mi afferra e mi torce un padiglione auricolare, che in genere poi mi duole per tutto il resto del giorno. Sono nelle loro mani e alcune volte mi sento loro prigioniero, anche se lavorano per me, forse ne ho perso il controllo, credo che sia per il mio segreto, che, solo, loro conoscono e che mi aiutano a conservare.

Capitolo 5 Un truce segreto.

Era il 1969 e io Billy un altro treeclimebr americano, originario della California, viaggiavamo per gli States inseguendo gli uragani. In genere arrivavamo con i nostri trike carichi di attrezzatura poco dopo il passaggio di una tempesta e trovavamo sempre lavoro per rimuovere alberi dai tetti delle case o per abbattere alberi semidistrutti dai venti. Era febbraio ed eravamo in Louisiana, così decidemmo di andare al carnevale di New Orleans, ricordo come fosse adesso quella lunga strada che attraversava le piantagioni di cotone e i nostri trike che correvano verso l’infinito e sentivo il vento accarezzare le mie basette. Io indossavo un casco con la bandiera USA aerografata sopra mentre Billy sfoggiava sempre il suo cappello da cowboy. Quel giorno un pickup ci si affiancò e due red neck che stavano all’interno ci guardano terribilmente male, quello più vicino a me sputò fuori dal finestrino la saliva carica del succo di tabacco che teneva in un bolo all’interno della sua guancia destra, avevo capito che le cose si sarebbero messe male, molto male e capii che avevo ragione quando vidi la lunga canna di un fucile a pompa spuntare fuori dal finestrino, però lui non sapeva che io avevo già impugnato, la mia doppietta a canne corte con il calcio modificato a pistola. Mai viaggiare negli stati del sud senza avere a portata uno shotgun e così feci fuoco un attimo prima che il bastardo tirasse il grilletto. Ora non so se avete presente cosa può fare un calibro 12 a distanza ravvicinata, i pezzi delle sua testa finirono sula faccia del conducente che gli stava accanto e che un secondo dopo fece la stessa fine del suo maledetto compagno. Era da tempo che questa storia doveva finire diversamente. Così tornai in Europa e grazie all’aiuto di un cliente molto influente riuscii a farla franca.

 

Capitolo 6 Qui ed ora

La stretta ferrea di Petra sul mio collo mi riporta al presente, il massaggio con briefing annesso era terminato ed io dovevo scendere. Sei pronto è arrivato il tuo momento disse Debby mentre si legava i capelli biondi e mossi in una coda che teneva sul lato destro e che scendeva sulla spalla, fino al seno. Si sono pronto ma prima devo fare il mio momento di raccoglimento lo sai, proferii io, guardando delle vecchie foto che tenevo nello studio del mega-van. Erano foto di quando arrampicavo sulle pareti. Vedi Debby non ci si deve mai dimenticare da dove si viene, di quando ero povero ed arrampicavo senza un motivo ben preciso, dormivamo nelle tende e non ci lavavamo mai io ed i miei compagni di scalate e puzzavamo, santo cielo, quanto puzzavamo. Poi la fame ci spinse a cambiare vita e adesso sono qui, che sto per scendere e compiere un’altra delle mie performance da treeclimber, ormai strapagate e con un agenda così fitta che a volte mi manca il respiro, grazie a Dio ci siete voi. La porta del van si spalanca, sfoggio il mio sguardo alla Clint Eastwood, scendo mi dirigo verso l’albero, con la mia camminata ormai perfezionata nel tempo ma che ha le sue origini dalla famosa avanzata alla John Waine, le mie quattro paladine mi scortano, il mio sud, il mio nord, il mio est, il mio ovest.

Il tempo di arrivare, lanciare la sagola, installare la corda e salire ed è subito rockandroll. Inizia la mia ossessiva danza fatta di salti, pendoli, tagli a tutto gas con la mia elaboratissima motosega. Ciò che amo di questa motosega è la marmitta da fuori serie, montata da Debby. Intanto la musica di Hotel California riempie l’aria e ricrea come ogni volta un’atmosfera unica che fa ballare tutti. Non di rado le ragazze più in forma, che abitano negli appartamenti circostanti, vedendomi e ascoltando questa musica, si mettono a danzare, senza veli, uno spettacolo che posso vedere solo io dall’imponenza della chioma degli alberi. E’ questa musica che le induce ad accendere luci psichedeliche e a dipingersi le unghie dei piedi e delle mani con i colori dell’arcobaleno. Così abbasso i Ry-ban strizzo loro l’occhio, le indico, con il dito, ognuna di loro mi ha rapito il cuore e compio la mia uscita ad effetto lanciandomi nel vuoto con un lungo ed ampissimo pendolo marveliano, come se non ci fosse un domani, perché è il qui ed ora, che va vissuto senza perdersi in inutili, edonistiche, infantili e magari assurde fantasie.

Fine dell’episodio.

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